E’ possibile la produzione di nuovi documenti in appello nel rito camerale, ad esempio nei procedimenti di modifica delle condizioni di divorzio.
La risposta è affermativa, come si evince dalla ordinanza della Corte di Cassazione n. 3766 del 2021, ove la parte vittoriosa è stata patrocinata dall’Avv. Giuseppe Pompeo Pinto.
Nel nostro ordinamento, esiste un principio di divieto di produzione di nuovi documenti in grado di appello, in quanto l’art. 345, comma 3, c.p.c. deve essere interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio di inammissibilità di mezzi di prova nuovi e, dunque, anche delle produzioni documentali, prevedendo che, per trovare ingresso in sede di gravame, i nuovi documenti devono rispondere al requisito consistente nella “dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione”.
Con specifico riferimento al rito camerale, la Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che il reclamo avverso i provvedimenti di modifica delle condizioni di divorzio resi dal Tribunale ai sensi dell’art. 9, comma 1, l. n. 898/1970 costituisce comunque un mezzo d’impugnazione, le parti non possono proporre domande nuove, che snaturerebbero il reclamo stesso quale mezzo d’impugnazione.
Ma è possibile depositare nuovi documenti?
La risposta è affermativa, purché sia rispettato il principio del contraddittorio.
Il principio è stato ribadito dalla ordinanza della Corte di Cassazione n. 3766 del 12 febbraio 2021, ove la parte resistente era difesa dall’Avv. Giuseppe Pompeo Pinto.
La parte ricorrente ( ex marito) , che era stata condannata a corrispondere un assegno divorzile ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la irrituale produzione di documenti con il reclamo. L’avv. Giuseppe Pompeo Pinto, in difesa della ex moglie, ha richiamato la ampia giurisprudenza della Cassazione favorevole alla produzione documentale nel giudizio di appello, in tema di reclamo per la modifica delle condizioni di divorzio e la Corte di Cassazione ha confermato nuovamente tali principi con la sentenza n. 3766 del 2021, affermando che: “Il motivo, a fronte del fatto che le dette produzioni sono state eseguite in allegato al ricorso in appello — a nulla rilevando l'epoca di formazione dei predetti documenti ove sia osservato il contraddittorio, la cui violazione non è qui però oggetto di lagnanza — è infondato atteso che secondo il consolidato opinamento di questa Corte «nel giudizio di divorzio in appello - che si svolge secondo il rito camerale, ai sensi dell'art. 4, dodicesimo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (nel testo sostituito ad opera dell'art. 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74) - l'acquisizione dei mezzi di prova, e segnatamente dei documenti, è ammissibile sino all'udienza di discussione in camera dì consiglio, sempre che sulla produzione si possa considerare instaurato un pieno e completo contraddittorio, che costituisce esigenza irrinunziabile anche nei procedimenti camerali» (Cass., Sez. I, 27/05/2005, n. 11319).
Parimenti la Cassazione ha rigettato il secondo motivo con cui era stato censurato il comportamento processuale della Corte di Appello che non aveva motivato la scelta di ritenere ammissibili i documenti prodotti solo in grado di appello. Per la Cassazione, la Corte di Merito ha correttamente utilizzato il materiale probatorio per risolvere la questione giuridica.
L’Avv. Giuseppe Pompeo Pinto tutela la clientela in tema di separazioni e divorzi dinanzi la Corte di Cassazione, sia per la redazioni di ricorsi che di controricorsi per cassazione.
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Corte di Cassazione ordinanza n. 3766 del 21 febbraio 2021