Nell’ambito del risarcimento del danno per infortunistica stradale, segnaliamo dla sentenza espressa dal Tribunale Treviso, Sezione 1 civile, del 25 gennaio 2016, n. 180, in tema di divieto di duplicazione delle voci risarcitorie.
Secondo il Tribunale, "il fatto illecito commesso dal XX ha irreversibilmente privato YY della possibilità di instaurare e di vivere il rapporto fraterno con la sorella. L’art 2059 cc nella lettura costituzionalmente orientata predicata dalla giurisprudenza di legittimità, consente di ravvisare un pregiudizio non patrimoniale risarcibile tutte le volte in cui il fatto illecito del terzo cagioni la lesione della personalità e dell’esplicazione dell’individuo nel rapporto con i congiunti, la cui tutela germina dalle previsioni degli artt. 2,29,30 della Cost. Detto pregiudizio - la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni - è nel caso di specie dimostrato dal fatto che GV (pur vissuta per brevissimo tempo) è nata viva e con lei è nato il (...) famigliare suscettibile di tutela; dalla natura e dall’intensità di quel vincolo; dal positivo accertamento del legame di affezione che si era instaurato tra Ja. e Si.Be. e della dedizione e delle cure che quest’ultima aveva manifestato all’odierno attore (v. sentenza del 14.01.2010 di cui al doc. n. 8 del fascicolo attoreo); dalla conseguente e congruente assenza di elementi che inducano a ravvisare una mancata frequentazione tra l’attore (che all’epoca dei fatti aveva dieci anni) ed il padre (separato dalla madre e perciò non convivente) o l’estraneità del primo al nuovo nucleo famigliare creato dal secondo con la DS. Questi elementi lasciano ragionevolmente presumere che l’attore, seppur convivente con la madre, avrebbe avuto con la sorella un rapporto non solo affettivo (come è naturale tra fratelli) ma anche di conoscenza e di frequentazione, sia pure nei termini resi possibili dalle condizioni della separazione tra i coniugi Li./Fr. (doc. n. 12 del fascicolo attoreo). Tanto è sufficiente per ritenere sussistente il pregiudizio lamentato, consistente nella perdita, da parte di XX, della possibilità di sviluppare un rapporto di siffatto genere e nella conseguente perdita dell’arricchimento affettivo e della maturazione della personalità ordinariamente conseguenti al sorgere ed allo svilupparsi dello stesso. Ai fini della quantificazione, necessariamente equitativa, del danno, si ritiene che possano essere assunte quale parametro di riferimento le Tabelle elaborate presso il Tribunale di Milano, che, in quanto adottate dalla gran parte degli uffici giudiziari italiani, assicurano maggiormente esigenze di uniformità decisionale (sul punto si veda Cass. sent. n. 12408/2011). In concreto peraltro deve per un verso considerarsi che l’assenza di convivenza tra l’attore ed il padre (ed il nucleo famigliare da questi creato con Si.Be.), la distanza geografica tra il luogo di residenza dell’attore (ZZ) ed il luogo di residenza della famiglia Li./Be. (AA), certamente impeditiva di frequentazioni quotidiane, e l’assenza di allegazioni specifiche sugli ulteriori elementi rilevanti inducono ad applicare il valore minimo previsto attualmente dalle Tabelle di Milano per il ristoro del danno da perdita del fratello (Euro 23.740,00). Per altro verso deve evidenziarsi che la perdita della chance di instaurare una relazione affettiva qualificata è solo parzialmente assimilabile alla perdita di una relazione già esistente: in ragione di ciò il suddetto importo minimo è ridotto del 40%. Il danno è quindi quantificato in Euro 14.244,00. Su tale somma, devalutata al 3.12.2005 e rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat, devono essere computati gli interessi legali dal 3.12.2005 alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre agli interessi legali da detta ultima data sino al saldo. Null’altro può essere riconosciuto in favore dell’attore, pena la violazione del divieto di duplicazione delle voci risarcitone (sul punto si richiama il principio a mente del quale "determina una duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato" (Cass. sent. n. 26972/08).