Non è frequente, ma può capitare che una parte notifichi un ricorso per cassazione e successivamente notifichi un secondo ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza di appello. Le motivazioni possono essere le più disperate, la maggior parte delle volte vi è la volontà di rimediare ad un errore commesso con la prima notificazione.
Il regime della cd doppia notificazione, ossia della notifica di un secondo ricorso per cassazione, non è previsto da nessun articolo del codice, chiaramente, ma il tema è stato affrontato in diverse occasioni dalla Corte di Cassazione, soprattutto in tema di doppia notificazione dell'atto di Appello e con la ordinanza n. 8066/2018 anche in tema di ricorso per cassazione.
Con la ordinanza in commento, n. 8066 del 2018, la Cassazione applica al procedimento di cassazione i principi già dettati in tema di notificazione doppia e successiva dell'atto di appello, affermando che la parte può notificare un secondo gravame, purchè il primo non venga iscritto a ruolo; tuttavia, occorre verificare la tempistivitià del secondo gravame, posto che dalla prima notificazione decorre il termine breve di impugnazione, quindi la seconda notifica dovrà essere effettuata entro 30 gg dalla prima, se si tratta di atto appello, entro 60 gg se si tratta di ricorso per cassazione.
In difetto, il secondo ricorso per cassazione è inammissibile perchè tardivo.
Di seguito il testo integrale della Ordinanza della Corte di Cassazione n. 8066 del 2018 ( le parti di interesse sono sottolineate in neretto) :
ORDINANZA sul ricorso 27563-2016 proposto da: LAURETTI ALFREDINA, MORGANTI ALFREDO, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato UGO CARDOSI; - ricorrenti - contro CAF SPA, in personn del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 9, presso lo studio dell'avvocato ANDREA FIORETTI, che la rappresenta e difende; - controricorrente - avverso la sentenza n. 3166/2016 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 19/05/2016; )d5RD < udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/01/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO. FATTI DI CAUSA 1. La Banca di Roma, avendo stipulato un contratto di mutuo fondiario con Alfredina Lauretti, promosse una procedura esecutiva, davanti al Tribunale di Latina, nei confronti di costei e di Alfredo Morganti, quale terzo datore di ipoteca. A tale procedura esecutiva si opposero Alfredo Morganti e Alfredina Lauretti, chiedendo che venissero conteggiate le somme incassate dalla Banca da parte di società di assicurazione a seguito di polizze sinistri aperte sul fabbricato. La Lauretti, poi, intraprese un separato giudizio nei confronti della medesima Banca per sentire dichiarare la nullità del contratto di mutuo fondiario sulla base del quale era stata promossa la procedura esecutiva. Nei giudizi si costituì la Banca, chiedendo il rigetto delle domande. Il Tribunale di Latina provvide alla riunione delle cause e, in parziale accoglimento dell'opposizione, accertò che la S.G.C. s.r.1., cessionaria del credito, aveva diritto di agire esecutivamente per una somma minore e compensò le spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata impugnata da Alfredo Morganti e Alfredina Lauretti e la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 19 maggio 2016, ha dichiarato inammissibile l'appello, condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale che, trattandosi di un giudizio di opposizione all'esecuzione, non doveva trovare applicazione la sospensione feriale dei termini; per cui, posto che la sentenza di primo Ric. 2016 n. 27563 sez. M3 - ud. 30-01-2018 -2- I grado era stata depositata 1'8 settembre 2014, l'appello era da ritenere tardivo, siccome proposto con atto notificato il 21 settembre 2015. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Roma ricorrono Alfredo Morganti e Alfredina Lauretti con un unico atto affidato ad un solo motivo. Resiste con controricorso la CAF s.p.a., quale ulteriore cessionaria del credito. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e non sono state depositate memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 327 e 274 cod. proc. civ., nonché dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742. Sostengono i ricorrenti che l'appello aveva ad oggetto due cause riunite tra loro diverse, l'una di opposizione all'esecuzione e l'altra di nullità del contratto di mutuo fondiario. Doveva pertanto trovare applicazione la giurisprudenza secondo cui, in presenza di più cause delle quali una sola di natura esecutiva, la sospensione feriale dei termini si applica ugualmente a tutte, in nome dell'unicità dei termini per l'impugnazione. 2. Il ricorso è inammissibile. Come la società controricorrente ha eccepito, gli odierni ricorrenti hanno notificato un primo ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma qui in esame, in data 14 luglio 2016, non iscritto a ruolo (come risulta dall'attestazione della cancelleria di questa Corte); quel ricorso fu notificato a mani del difensore avv. Fioretti. Ne consegue che il ricorso odierno, notificato il 20 novembre 2016, è Ric. 2016 n. 27563 sez. M3 - ud. 30-01-2018 -3- tardivo in quanto, per pacifica giurisprudenza, la notifica del primo ricorso non preclude la possibilità di proporne uno successivo, ma in tal caso dalla notifica del primo decorre la certezza della conoscenza legale del deposito del provvedimento impugnato e, di conseguenza, il termine breve per l'impugnazione, termine nella specie ampiamente decorso al momento della proposizione del secondo ricorso. Tale conclusione rende irrilevante la questione dell'applicabilità o meno della sospensione feriale dei termini, perché l'odierno ricorso sarebbe tardivo anche facendo applicazione di detta sospensione, posto che nel 2016 essa era ormai stabilita nella misura di trentuno giorni. 3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile. A tale esito segue la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 2.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Ric. 2016 n. 27563 sez. M3 - ud. 30-01-2018 -4- Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile — 3, il 30 gennaio 2018. Il Presidente DEPOSITATO IN CANCELLERIA - 3 APR, 2018 '