(function(i,s,o,g,r,a,m){i['GoogleAnalyticsObject']=r;i[r]=i[r]||function(){ (i[r].q=i[r].q||[]).push(arguments)},i[r].l=1*new Date();a=s.createElement(o), m=s.getElementsByTagName(o)[0];a.async=1;a.src=g;m.parentNode.insertBefore(a,m) })(window,document,'script','https://www.google-analytics.com/analytics.js','ga'); ga('create', 'UA-75891204-1', 'auto'); ga('require', 'GTM-NVW2QPC'); ga('send', 'pageview');l'avv. giuseppe pompeo pinto, avvocato cassazionista in roma, laureato presso l'università la sapienza di roma, con la votazione di one hundred ten/one hundred ten, esercita a roma la professione di avvocato dal 2001.lo studio legale si avvale della collaborazioni di altri avvocati, anche cassazionisti su roma, e tratta principalmente il diritto civile e il diritto del lavoro, e pone particolare attenzione alle esigenze della clientela.lo studio legale assiste la clientela anche con il patrocinio a spese dello stato ( gratuito patrocinio). Si offre un servizio di richiesta e rilascio certificati residenza del Comune di Roma al costo di € 20.lo studio legale avvocato cassazionista roma offre consulenza legale ed un servizio di domiciliazione e sostituzione udienza e udienze a roma, con disponibilità alla sostituzione ( cd sostituto processuale) udienze in corte di cassazione, consiglio di stato, corte dei conti, corte di appello e tribunale.lo studio presta assistenza legale in tutti i settori del diritto civile, diritto di famiglia, diritto del lavoro e della previdenza sociale, vittime del dovere, assicurazioni,contrattualistica, infortunistica stradale, recupero crediti, controversie condominiali, acquisto immobili in aste giudiziarie immobiliari a roma. avvocato civilista iscritto all'albo speciale cassazionisti e giurisdizioni superiori a decorrere dal 2014, esperto in tecniche opportunity di risoluzione delle controversie (adr), è stato dapprima accreditato quale conciliatore presso la digicam arbitrale di roma, azienda speciale della camera di commercio di roma, poi ha rivestito anche il ruolo di mediatore presso l'organismo di mediazione forense di roma. cultore di studi di ogni forma di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, nonchè degli oneri probatori, l'avv. giuseppe pompeo pinto, avvocato civilista in roma, ha conseguito importanti sentenze in favore della propria clientela, sia in materia di diritto civile, sia in materia di diritto del lavoro. avvocato civilista assiduo frequentatore delle aule di udienza del tribunale , corte di appello e cassazione.l'avvocato a roma tratta ed ha trattato casi di incidente mortale, sinistro mortale, sinistri mortali. offre assistenza in acquisto immobili e appartamenti in aste giudiziarie e immobiliari a roma.l'avvocato segue costantamente l. a. giurisprudenza, sia della cassazione che del tribunale di roma. il sito presenta anche le istruzioni according to gli avvocati cassazionisti consistent with l. a. corretta formazione, preparazione e collazione del fascicolo di parte da depositare in corte di cassazione civile ( guida su come si forma e prepara il fascicolo dell'avvocato in line with la corte di cassazione civile). avvocato cassazionista a roma fornisce l. a. prima consulenza gratuita on-line. contattaci consistent with telefono tel. 389/0219253 o clicca su contatti per il shape.

Avv. Giuseppe Pompeo Pinto

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Corte Cassazione sentenza 292/2023 annullamento stato adottabilità

2023-08-18 15:01

Avv. Giuseppe Pompeo Pinto

Famiglia mantenimento, Famiglia mantenimento,

Corte Cassazione sentenza 292/2023 annullamento stato adottabilità

IMPORTANTE SUCCESSO DELL'AVV. GIUSEPPE POMPEO PINTO IN CORTE DI CASSAZIONE, ANNULLAMENTO SENTENZA DICHIARATIVA DELLO STATO ADOTTABILITA'

IMPORTANTE SUCCESSO DELL'AVV. GIUSEPPE POMPEO PINTO IN CORTE DI CASSAZIONE, ANNULLAMENTO SENTENZA DICHIARATIVA DELLO STATO ADOTTABILITA'

 

CORTE DI CASSAZIONE   SENTENZA N. 292 DEL 09 FEBBRAIO 2023

 

 

 

 

 

 

 

Con la sentenza qui sotto riportata, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall'Avv. Giuseppe Pompeo Pinto, in nome e per conto dei genitori,  avverso la dichiarazione dello stato di adottabilità. 

La Corte di Appello di Roma aveva rigettato l'atto di appello con cui il Giudice di primo grado, aveva dichiarato lo stato di adottabilità. 

Con il ricorso per cassazione, l'Avv. Pinto ha posto l'accento sull'accertamento delle condizioni, su cui era stata basata la consulenza tecnica d'ufficio; l'accertamento, infatti, era riferito a condizioni e situazioni pregresse, in gran parte superate, il cui esame era stato completamente omesso dal CTU. 

La sentenza della Corte di Appello è stata pertata annullata, per violazione dei principi elaborati dalla Giurisprudenza, in particolare : "  “In tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferitialla situazione presentee non passata, tenendo conto della positivavolontà di recuperodel rapporto genitoriale da parte dei genitori” (Sent. Cass. n.24445/2015).   CONTATTA L'AVV. GIUSEPPE PINTO AL  389.0219253

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE   SENTENZA N. 292 DEL 09 FEBBRAIO 2023

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

MARIA ACIERNO              Presidente Relatore

MARINA MELONI             Consigliere

MAURO DI MARZIO         Consigliere

MARCO MARULLI            Consigliere

MASSIMO FALABELLA     Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 Oggetto:

 

Ud.20/01/2023 PU

 sul ricorso iscritto al n. 21753/2021 R.G. proposto da:

XXXX, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DELLA XXXX, presso lo studio dell’avvocato  PINTO GIUSEPPE POMPEO (PNTGPP72D22H501D) che li

rappresenta e difende

-ricorrente-

contro

SINDACO DI ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA UMBERTO XX, presso lo studio dell’avvocato XXXX che lo rappresenta e difende

-controricorrente-

 nonchè contro

 TUTORE DEL MINORE XXXX IN PERSONA SINDACO PT, XXX  NQ DIFENSORE MINORE XXX, PROCURATORE GENERALE C/O CORTE D'APPELLO   ROMA, PROCURATORE REPUBBLICA PRESSO TRIBUNALE MINORENNI ROMA

 

-intimati-

avverso la SENTENZA di CORTE D'APPELLO ROMA n. 5579/2021

depositata il 29/07/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/01/2023 dal Consigliere MARIA ACIERNO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1.           La Corte di Appello di Roma, per quel che ancora interessa, ha rigettato con sentenza n. 5579/2021 l’appello proposto dai sig.ri XXX e YYY, quali genitori di XY  (nato il XX aprile XX), avverso la pronuncia del Tribunale di Roma che ha dichiarato lo stato di adottabilità del minore.

A sostegno della decisione, sulla base delle criticità evidenziate dalla CTU espletata in secondo grado circa l’eventuale recupero delle competenze genitoriali, la Corte d’appello ha affermato:

la sussistenza di un’incapacità strutturale di entrambi i genitori di potersi occupare adeguatamente del figlio, il quale pertanto si trova in una condizione di abbandono morale e materiale. In particolare, con riguardo alla madre, è stato rilevato la presenza di fattori di rischio all’assunzione di un ruolo genitoriale responsabile, alla luce di un “disturbo istrionico di personalità di particolare severità” (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata) che l’ha portata, sin dalla nascita del bambino, ad essere collocata presso la casa-famiglia “IniziativaAmica” e,  in  seguito, a  rientrare  nel Paese   D’origine al fine di sottoporsi ad un percorso di cure;

con riguardo al padre, invece, sono state riscontrate difficoltà da parte dello stesso, quale richiedente asilo di origine nigeriana, nell’assumere un ruolo genitoriale all’interno di un contesto in cui non si è ben inserito culturalmente (si fa leva, tra l’altro, sulla mancata conoscenza della lingua italiana che gli avrebbe impedito di integrarsi con un ruolo attivo nel Paese di accoglienza; cfr. pag. 15 della sentenza impugnata);

inoltre, è stata respinta la domanda subordinata di affidamento etero-familiare del minore, a fronte dell’irrecuperabilità delle competenze genitoriali in tempi compatibili con le esigenze evolutive dello stesso; è stata affermata, altresì, l’impossibilità da parte del minore, nel frattempo inserito in un altro contesto familiare a scopo adottivo, di mantenere un rapporto con i genitori biologici, data l’assenza di legami di attaccamento ad essi.

2.           Avverso la decisione di secondo grado i genitori hanno proposto ricorso per Cassazione sulla base di sei motivi, cui ha resistito con controricorso il Sindaco di Roma, quale tutore provvisorio del minore.

3.           Con un’ordinanza interlocutoria del 13.09.2022 la Prima Sezione Civile di questa Corte ha rinviato la causa alla pubblica udienza del 20.01.2023, stante la particolare complessità delle questioni sollevate e dei diritti coinvolti, nonché la necessità di un’analisi più puntuale sull’attuale situazione dei ricorrenti, i quali, medio tempore, sono divenuti genitori di altre due bambine, hanno reperito un lavoro ed un appartamento in cui risiedono stabilmente.

4.           Il PG, in sede di discussione orale, ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso e per l’assorbimento dei restanti motivi.

 

 

5.           Con  il primo  motivo  di ricorso  i  ricorrenti hanno  lamentato la violazione e falsa applicazione ex art 360 comma 1 n. 3 c.p.c., degli artt. 1 e 8 della legge 184/1983, dell’art. 31 Cost., per aver la Corte d’appello errato nel dichiarare lo stato di adottabilità, stante l’assenza di un accertamento concreto ed attuale dello stato di abbandono materiale e morale del minore. In particolare, i ricorrenti ritengono che il giudice di secondo grado avrebbe fondato il proprio convincimento sulla base di vicende personali (le stesse prese in considerazione anche dalla CTU) riferite esclusivamente al passato e non al presente;

con il secondo motivo hanno lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo per la controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n.5 c.p.c., per aver la Corte d’appello omesso di valutare le condizioni attuali dei ricorrenti in relazione alla sussistenza attuale dello stato di abbandono;

con il terzo motivo hanno lamentato la violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., dell’art. 8 della legge 184/1983, per aver la Corte d’appello errato nel dichiarare lo stato di adottabilità del minore, stante l’assenza del requisito della privazione di assistenza morale e materiale del minore. In particolare, i ricorrenti ritengono che il giudice di secondo grado si sarebbe limitato a riportare in motivazione alcune frasi estrapolate dalla relazione peritale che non sarebbero sufficienti a fondare la sussistenza della pretesa privazione;

con il quarto motivo hanno lamentato la violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma1 n.3, dell’art. 8 della legge 184/1983, per non aver la Corte d’appello correttamente rilevato la presenza di una situazione di forza maggiore nella prima fase dell’accertamento delle condizioni del minore, inidonea ad integrare lo stato di abbandono, posto che i ricorrenti si erano resi disponibili ad interventi di sostegno esterno alla genitorialità;

con il quinto motivo hanno lamentato l’omesso esame decisivo per la controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1 n.5 c.p.c., per aver la Corte d’appello omesso di valutare la sussistenza della forza maggiore quale elemento sufficiente ad escludere lo stato di abbandono;

con il sesto motivo hanno lamentato la violazione dell’art. 132 comma 2 n.4 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.4 c.p.c., per aver la Corte d’appello errato nell’aver rigettato la domanda richiedente un periodo di affido etero-familiare per il minore, discostandosi così dalle risultanze della CTU, la quale a contrario aveva suggerito un percorso che potesse riavvicinare i genitori biologici con il figlio.

6.           Il primo motivo è fondato nei limiti di cui in motivazione. In primo luogo, si evidenzia che il giudizio di inidoneità sulla madre si è fondato esclusivamente su condotte e disagi psichici legati alla prima gravidanza. Essa era risultata affetta da uno stato depressivo particolarmente severo “che l’ha portata a porre al centro i propri bisogni e a trascurare quelli del bambino” (cfr. pag. 21 della sentenza impugnata); sul padre invece, il giudizio di inidoneità si è fondato quasi totalmente su difficoltà di integrazione socio- lavorativa che gli avrebbero impedito di assumere un responsabile ruolo genitoriale “all’interno di un contesto culturale profondamente diverso dal suo background” (cfr. pag. 22 della sentenza impugnata).

Tuttavia, si rileva che gli aspetti su cui il giudice d’appello ha basato il proprio convincimento si riferiscono solo alle problematiche personali pregresse dei ricorrenti (protrattesi fino al 2018), mentre è stato allegato da entrambi i ricorrenti che nella fase successiva della loro vita (dal 2018 in poi) una diversa conduzione delle rispettive esistenze. La madre, dopo il percorso di cure nelle Filippine, è rientrata in  Italia con certificato medico attestante il suo recupero psicofisico, ha reperito due incarichi di colf e baby sitter), ha contratto matrimonio con il sig.Idehen, dal quale ha avuto altre due bambine e sulle quali entrambi esercitano la responsabilità genitoriale, e vive stabilmente con l’intero nucleo familiare in un appartamento unitamente alla madre che la coadiuva; il padre, dal canto suo, ha dimostrato di essere capace ad integrarsi, avendo reperito un lavoro come addetto alle pulizie presso un’autoconcessionaria e frequentando anche un corso di lingua italiana presso una scuola per stranieri.

Alla luce di questo quadro complessivo, dalla lettura della sentenza impugnata, emerge che non sia stata effettuata alcuna valutazione attuale della situazione dalla quale far derivare la valutazione della idoneità dei genitori e l’eventuale stato di abbandono. Peraltro la valutazione relativa al padre si fonda in larga parte sull’appartenenza ad un contesto culturale e sociale diverso da quello della famiglia affidataria, e da un giudizio negativo sulla volontà d’integrazione, contrastato dalla rappresentazione della situazione dedotta a sostegno degli allegati mutamenti di vita interpersonale e di stabilizzazione sociale. Ciò contrasta con il più recente orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui: “In tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori” (Sent. Cass. n.24445/2015).  In tal senso, nel caso di specie, il giudice d’appello ha omesso di svolgere in concreto un esame attuale della situazione di abbandono morale e materiale del minore, avendo fondato la sua sussistenza esclusivamente su osservazioni ed accertamenti datati (fino al 2018), richiamati tra l’altro anche dalla relazione peritale,

oltre      che        sulla       difficile storia    personale            dei         genitori senza confrontarsi con le allegazioni relative ai significativi mutamenti successivi ed in particolare, con la circostanza della nascita e il pieno esercizio della responsabilità genitoriale sulle due figlie minori, oltre al rilievo di aver reperito un lavoro ed una casa di abitazione in cui poter collocare anche il primogenito. La valutazione da svolgere non può ignorare questi profili e deve essere svolta prendendo in esame la situazione attuale, al fine di rilevarne l’incidenza sulle criticità rilevate nonché il grado di superamento e di stabilizzazione delle nuove condizion in correlazione con le condizioni normative dello stato di abbandono del minore.

7.           L’accoglimento del primo motivo assorbe i rimanenti.

8.           In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al primo motivo e la pronuncia impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, perché si pronunci anche sulle spese processuali della fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbe gli altri e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione perché provveda anche sulle spese processuali del presente giudizio.

In caso di diffusione omettere le generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 gennaio 2023.

Il Presidente estensore

 

 

 

 

 

 

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